Quota 100 funziona davvero? Cosa dicono i dati ufficiali

Quota 100: il sistema pensionistico ora in vigore è stato molto discusso. Qual è stata la scelta degli italiani

Foto Inps

Quota 100 sì e no. Ogni volta le riforme delle pensioni attirano critiche (molte di più) e opinioni favorevoli. Il sistema introdotto nel 2019 dal primo governo guidato da Giuseppe Conte è stato messo sotto la lente d’ingrandimento dall’Inps.

È tempo di bilanci e l’Istituto di Previdenza ha tracciato un primo quadro sui pensionamenti avvenuti in questo regime. Fino al 31 dicembre 2021, le domande ricevute dall’ente sono state 482mila. Di queste poco meno di 380mila sono state accolte (circa il 79% del totale) e 39mila risultano giacenti (8% del totale). Il respingimento riguarda il 13%, ossia  63mila.

Quota 100, i numeri: quanti sono andati in pensione così

quota 100
Pixabay

Entrando più nei dettagli, in totale sono 379.860 gli italiani andati in pensione con quota 100 e la maggior parte è di genere maschile.

Per il 49% dei casi la gestione di liquidazione proviene dal lavoro subordinato privato mentre il 31% riguarda il pubblico impiego e 20% quello autonomo. Guardando all’anno di decorrenza, il 40% è entrato in questo regime nel suo anno di debutto, il 2019. Man mano c’è stato un calo: 30% nel 2020, 29% nel 2021 e all’1% dopo il 2021.

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L’81% degli ammessi a quota 100 è entrato in questo regime mentre era nello stato di lavoratore attivo. Poco meno del 9% è entrato in quota 100 dallo stato di “silente”. Differenze ci sono anche per la collocazione geografica.

In questo regime sono andati in pensione più i cittadini del Nord Italia e meno quelli del Sud. Meno ancora quelli che vivono nelle regioni del Centro. Considerando invece l’incidenza percentuale, è il Mezzogiorno ad aver raccolto più pensionati con quota 100, poi il Centro e infine le regioni settentrionali.

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L’età media alla decorrenza in questi tre anni si è assestata poco sopra i 63 anni mentre l’anzianità contributiva è invece di 39,6 anni mediamente. Si registra anche la tendenza a lasciare il lavoro appena possibile, alla prima occasione con il raggiungimento dei requisiti.

L’anticipo mediamente più vicino rispetto ai requisiti ordinari è di 2 anni e 3 mesi. Un dato importante da considerare perché va a incidere sul valore dell’assegno ricevuto e può ridurlo anche del 4,5% per ogni anno di anticipo per i lavoratori autonomi. È del 3,8% per i dipendenti privati e del 5,2% per i pubblici.

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