In pensione con 22 anni di contributi, ma quanto si guadagna

Basterebbe poco più di un ventennio di lavoro per congedarsi, ma gli effetti si sentono sull’importo mensile della pensione. I dettagli

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Pensioni INPS (Foto Adobe)

Poco più di una settimana fa, il popolo delle pensioni è stato convocato, come di consueto, per il ritiro degli assegni mensili, recandosi all’ufficio postale per ricevere la somma in contanti, secondo il calendario regolato dall’ordine alfabetico dei cognomi. La medesima puntualità è stata goduta dai soggetti che hanno scelto di farsi accreditare l’assegno dell’INPS direttamente sul conto corrente.

Alla base di tale consuetudine, effettivamente conquistata con la fatica e il sudore, vi sono i requisiti utili per l’accesso al trattamento, prodotti dalla sedimentazione delle riforme pensionistiche, succedutesi in questi ultimi anni. I ricorrenti cambiamenti legislativi non potevano e non possono non avvenire proprio in una fase più o meno prolungata della società italiana.

In pensione con 22 anni di contributi: dipende dalla data di chiusura del rapporto di lavoro

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Pensioni INPS (Foto Adobe)

Le trasformazioni del mondo del lavoro, l’entrata delle nuove leve nel lavoro e il profilo stesso dei nuovi lavoratori incidono sulle scelte istituzionali, atte a garantire le risorse per una vita decorosa anche dopo il lungo percepimento di uno stipendio. Il nuovo governo che uscirà dal cilindro del voto del 25 settembre 2022, dovrà affrontare a stretto giro la questione della riforma pensionistica.

Con la Quota 102 in scadenza, dal 1° gennaio 2023 si ripristineranno in automatico i requisiti della controversa Legge Fornero. Il tempo per una discussione parlamentare non è sufficiente ed è dunque verosimile che si andrà ad una proroga o verso una nuova misura provvisoria. Ad oggi però esistono “alternative” ai canonici requisiti necessari per ottenere il congedo lavorativo; certo, esse, si riflettono ineluttabilmente sull’assegno mensile, dato il raggiungimento semplificato della anni contributivi.

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Anche un cumulo contributivo di 22 anni è sufficiente, ma l’età anagrafica fa la sua parte nella realizzazione economica di ciò che sarà la pensione. A 67 anni, con tale numero di contributi, si ottiene la reale pensione di vecchiaia. Per il resto, le forme pensionistiche anticipate richiedono più anni di contributi: 38 anni con la Quota 102, 35 anni per le lavoratrici che usufruiscono dell’Opzione Donna; dai 30 ai 36 anni di anzianità contributiva per la pensione per lavori usuranti.

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Ma a 67 anni, la pensione di vecchiaia non equivale al medesimo importo a parità di condizioni del lavoratore dipendente. Ciò dipende dal sistema pensionistico in vigore nel momento della fuoriuscita. Riferiamoci ad una retribuzione annua di 25.000 euro lordi. Se i contributi sono stati raggiunti prima del 1° gennaio 1996, il sistema interamente retributivo applica la somma della quota annuale del 2%; dunque, si percepirà mensilmente circa 846,15 euro lordi. Dopo tale data, il più complesso sistema interamente contributivo ci darà un assegno mensile di 778,35 euro lordi. Infine, col sistema misto, la pensione lorda è pari a 809,17 euro al mese.

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