Smart working, gli italiani ci ripensano dopo il caro bollette

Ora che l’energia elettrica costa di più, si comincia a pensare a un dietrofront e a tornare in ufficio se nessuna rimborsa. Ecco i dettagli

Smart working, gli italiani ci ripensano per le bollette
Smart working (Foto Pixabay)

Con lo scoppio dell’epidemia da Coronavirus e la conseguente decisione di instaurare il confinamento si è vissuto inizialmente, dal punto di vista lavorativo, un comprensibile panico: in primo luogo, il pensiero è andato a tutte quelle attività che vengono svolte in appositi luoghi e che da un certo momento, quegli stessi luoghi diventano improvvisamente deserti e inutili.

Il settore terziario e dei servizi ha reagito trasferendo, prima gradualmente, poi interamente, tutto il lavoro – per così dire – d’ufficio tra le mura domestiche di casa. Da un giorno all’altro, impiegati del settore pubblico e privato hanno trasferito le incombenze delle pratiche tra gli schiamazzi di figli infanti e l’attività ludica del cane o del gatto; insomma, integrando il lavoro nella vita quotidiana della casa, e potendo pertanto dedicare – a quest’ultima – estemporanei momenti durante la giornata.

Smart working: tornare in ufficio per non pagare i costi della crisi energetica

Smart working, gli italiani ci ripensano per le bollette
Smart working (Foto Pixabay)

Pian piano si è affiancata la colazione vicino al notebook, la pausa per il pranzo è diventata sempre più corta fino ad assumere le forme di qualche attimo; le pause sono diminuite e, iniziando prima (appunto, la colazione), finendo dopo, il cosiddetto smart working ha abolito gli orari di lavoro (oltre che il canonico stacco del fine giornata). Sì, ha abolito gli scomodi e onerosi viaggi per recarsi sul luogo di lavoro e il tragitto del ritorno presso le proprie abitazioni, ma questo si è pagato con una disponibilità illimitata, senza orari e vincoli.

Anzi, il vincolo è divenuto quello del lavoro nei confronti della famiglia, a dispetto di coloro che avevano intravisto l’opportunità – in tempi di lockdown – di riscoprire i rapporti familiari.  Lo smart working, o meglio il lavoro da remoto (di “smart” non ha molto) si è andato leggermente perfezionandosi con aziende che hanno dotato i lavoratori dei dispositivi necessari per ammortizzare l’improvviso carico di consumo delle risorse presenti in casa.

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Con l’aumento del costo della corrente elettrica e di quello che graverà sul gas, i nodi stanno venendo al pettine. Se alcune aziende stanno rinunciando ai locali fissi degli uffici per risparmiare sui consumi prodotti dai lavoratori, sono questi ultimi che stanno scoprendo di portare sulle spalle (ed entro le bollette domestiche) i costi aziendali di un’attività professionale.

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Se ne è accorto l’Inapp, l’Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche, tramite un suo report, in cui si rileva il desiderio di ritornare al lavoro in presenza, da parte di dipendenti e aziende. In assenza di rimborsi per il caro-energia, meglio tornare in ufficio, il lavoro da casa conviene sempre meno e costa sempre di più. E gli stessi sindacati denunciano come nel settore pubblico, i buoni pasto previsti dalle contrattazioni, non vengono maturati nei giorni di lavoro agile.

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