Reddito di cittadinanza e lavoro a nero | Ora attento al vicino

In Italia sono tante le persone che hanno il reddito di cittadinanza. Cosa si rischia se si lavora a nero sfruttando il sussidio?

Reddito di cittadinanza e lavoro a nero
Reddito di cittadinanza (Foto Adobe)

Il reddito di cittadinanza per tante persone, non è solo un’ancora di salvezza per poter prevenire e pagare le tante fatture che bisogna pagare, ma dà anche a possibilità di fare ciò che non è permesso dallo Stato approfittando di questo beneficio economico. Ecco perché il rischio di avere grosse punizioni è alto.

Infatti, non è possibile lavorare e sfruttare questo sussidio che può garantire per 18 mesi denaro per salvaguardare la propria famiglia e le condizioni economiche. Si sa che se si torna a lavorare, il reddito di cittadinanza non si può più avere, perché di conseguenza aumenta il reddito familiare.

RdC, cosa si rischia con il lavoro a nero?

cosa si rischia ora con RdC e lavorando
Banconote (Foto Adobe)

Cominciamo col dire che il nuovo Governo della Meloni non ha mai preso di buon occhio il reddito di cittadinanza. Già durante la campagna elettorale, avevano promesso modifiche e riforme per questo sussidio che per il momento non sono ancora giunte. Ma ci stanno lavorando su, per spingere i cittadini a trovare lavoro.

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Bisogna quindi prestare molta attenzione, prestare molta attenzione nell’accettare di lavorare in nero: anche solo una giornata d’impiego irregolare potrebbe costarvi molto cara, tanto da sporcare la vostra fedina penale e perché no, anche un’esperienza carceraria.

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Proprio con la formazione del nuovo Governo, c’è la possibilità che i cittadini, siano maggiormente favorevoli a segnalare, coloro che non rispettano la legge, sfruttando sia il reddito di cittadinanza, che lavorando a nero, senza dichiarare niente.

La legge prevede pene di reclusione per coloro che accettano di lavorare in nero così da poter percepire nel contempo un reddito di cittadinanza senza riduzione; a darne conferma è la Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 25306 del 2022 ha accertato la violazione dell’articolo 7, comma 2, del decreto n. 4/2019. 

L‘omissione di comunicare all’INPS, l’inizio di un nuovo lavoro è ritenuta molto grave, è considerato infatti danno nei confronti dello Stato.

Quanto si rischia? A quanto pare, la condanna è ufficialmente di primo grado, con reclusione in carcere, per un periodo di 1 anno e 8 mesi. Oppure è prevista la reclusione da 2 a 6 anni nei confronti dei soggetti che rendono dichiarazioni ovvero producono documenti falsi per sfruttare il RdC con sospensione del sussidio. Ma non solo chi lavora, subisce una condanna. Anche i datori di lavoro, se non comunicano niente, rischiano la totale chiusura e sospensione della propria attività.

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