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Unione dei beni | Cosa rischi se l’hai fatta al matrimonio

Ecco gli “effetti collaterali” di una scelta apparentemente solidale di condivisione dei beni almeno fino alla durata del rapporto. I particolari

Unione dei beni (Foto Adobe – pensioniora.it)

La scelta di condividere diversi aspetti della vita, tanto astratti quanto materiali, sembrerebbe una opzione del tutto normale all’interno di una logica di coppia, tanto più che nella cornice di un rapporto matrimoniale. Indubbiamente la decisione deriva da ragioni di ordine comprensibilmente affettivo; ma in un senso più pragmatico, è anche opportuno indicare una natura più prettamente economica, che sovente caratterizza i servizi essenziali intorno all’esistenza di due vite unite.

Nell’ambito del risparmio, si pensa di premiare il portafoglio di famiglia sottoscrivendo – ad esempio – un conto corrente cointestato, evitando così la doppia spesa della gestione di due giacenze. Una scelta, questa, rivelatasi, oculata e parsimoniosa; almeno finché dura il rapporto di coppia. Alla cessazione del legame, infatti, occorre infatti attraversare diversi anelli burocratici per separare le somme di appartenenza da quelle del coniuge. Idem vale per i beni.

Unione dei beni, quali rischi si corrono allo scioglimento del matrimonio

Unione dei beni (Foto Adobe – pensioniora.it)

D’altronde la scelta è stata una decisione iniziale nel punto apicale della relazione, sulla soglia del matrimonio: optare per la comunione dei beni. Essa subentra in automatico, quando non si è manifestata la volontà di aderire alla separazione dei beni. Su ogni bene acquistato dopo il matrimonio (come una casa), il singolo coniuge ne diviene contitolare nella quota del 50 per cento.

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Dalla comunione sono esclusi quei beni acquisiti dal singolo coniuge prima del matrimonio, frutto di un’eredità, oppure quei beni acquistati con il ricavato della vendita dei primi. Liberi da vincoli di condivisione, altresì, i singoli stipendi e i relativi conti correnti; tale anche le spese. Soltanto alla separazione, la giacenza residua andrà spartita in parti uguali. Il rischio è dettato dal fatto che, in fase di separazione o divorzio (discussa davanti un giudice), non possa esserci l’intesa sulla divisione dei beni.

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Il tribunale creerà dunque due gruppi di beni eterogenei di pari valore complessivo, estraendo poi a sorte sulla proprietà del primo e del secondo. Per quanto riguarda il conto corrente, in unione della coppia il denaro è di chi l’ha guadagnato, mentre alla separazione, anche se il conto è intestato ad un solo coniuge, la giacenza andrà divisa. Il discorso della divisione non vale solo per i beni; la stessa logica viene seguita anche in presenza di debiti. Ricorrendo il pignoramento, il bene come una casa in comunione viene messo all’asta per il suo intero valore; alla vendita, sarà restituita la metà del ricavato al solo coniuge non debitore (se è uno dei due coniugi a contrarre dei debiti).

Pubblicato da
Roberto Alciati