Contributi non versati: si rischia di perdere la pensione?

Come comportarsi in caso di contributi non versati dal datore di lavoro, ecco che cosa prescrive la giurisprudenza per la pensione

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Contributi non versati (Foto Adobe – pensioniora.it)

Non è una situazione invidiabile quelle di chi scopre che il proprio datore di lavoro non ha versato i contributi spettanti all’Inps. Si tratta certamente di una situazione molto difficile che comporta procedure e iter disciplinati dalla legge, di non semplice soluzione. Diciamo immediatamente che il lavoratore conserva il diritto alla pensione anche se il datore non versa i contributi dovuti.

Ma questo diritto si conserva solo fino alla prescrizione dei contributi stessi. Quindi questo fa immediatamente sorgere la considerazione che il dipendente debba periodicamente controllare i versamenti corretti del datore di lavoro spettanti per non trovarsi in situazioni difficili, pur se risolvibili. La legge dà delle disposizioni precise sui versamenti per le prestazioni previdenziali e indica ruoli e obblighi delle parti, con principi da rispettare, ma con tempistiche chiare.

Contributi per la pensione che fare

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Inps (Foto Adobe – pensioniora.it)

Innanzi tutto occorre far riferimento al principio dell’automaticità delle prestazioni (codice civile, articolo 2116, comma 1) ribadito dalla Costituzione con l’articolo 38, comma 2 che stabilisce il diritto del lavoratore alla tutela previdenziale. Questo principio è ribadito anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza 2164/2021. Il principio di automaticità delle prestazioni prevede che le prestazioni di previdenza e assistenza obbligatorie spettano al lavoratore anche quando il datore di lavoro non ha versato regolarmente i contributi.

Tuttavia il principio scatta soltanto se i contributi non siano prescritti (i contributi cadono in prescrizione dopo 5 anni, da ricordare) con indica la legge 153 del 30 aprile 1969. Inoltre i contributi prescritti sono irricevibili dall’Inps secondo la legge numero 335 dell’8 agosto 1995. Quindi non è possibile versare anche volontariamente i contributi prescritti allo scopo di maturare il diritto alla pensione.

La sentenza della Corte di Cassazione 2164/2021 riguarda un caso di contributi omessi dal datore di lavoro, in queste situazioni si delineano due situazioni diverse che occorre valutare. Se i contributi sono non versati e non prescritti, il lavoratore non può agire contro l’Inps per accertare l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, né può chiedere di pagare i contributi al posto del datore inadempiente. Può agire soltanto in un modo.

Ottenere il riconoscimento della contribuzione

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Contributi non versati (Foto Adobe – pensioniora.it)

Come detto nel caso descritto il lavoratore può soltanto segnalare la situazione all’Istituto di previdenza sociale la situazione in modo che agisca per il recupero dei contributi e procedere in giudizio contro il datore di lavoro. Nel caso invece di contributi prescritti dopo 5 anni non può essere richiesta la regolarizzazione della condizione previdenziale.

Ma può ottenere la tutela prevista dalla legge con l’istituto della rendita vitalizia. Inoltre può chiamare in giudizio il datore di lavoro per richiedere il risarcimento del danno subito. Questo perché la situazione “determina l’attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero della percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante“.

Quindi in caso di contributi prescritti è possibile richiedere la rendita vitalizia (o riscatto) da parte del datore di lavoro che intende mettersi in regola, del lavoratore ancora in attività o in pensione, dei superstiti del lavoratore. Per ottenere la rendita occorre provare l’esistenza del rapporto di lavoro, la durata, la continuità, l’importo delle retribuzioni e gli importi della contribuzione omessa.

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