Partita Iva, puoi avere un rimborso se sei forfettario

Ecco quali possibilità offre il Fisco ai titolari di Partita IVA aderenti al regime forfettario e si trovano in questa condizione. Quale

rimborso se partita iva forfettaria
Partita IVA (Foto Adobe)

È noto come negli ultimi anni il mondo del lavoro abbia conosciuto e non finisca di conoscere la notevole ascesa delle partite Iva. Essa si inserisce nel contesto della lunga scia di cambiamenti in relazione all’accesso nel mondo del lavoro da parte delle giovani generazioni di lavoratori che stavo pienamente vivendo l’inversione di tendenza di un’organizzazione sempre meno fondata sul lavoro dipendente. 

Le tipologie di professioni, lavori, mansioni e varie attività stanno gradualmente convertendo il ruolo dello “storico” lavoratore subordinato con l’eterna veste di collaboratore. Mettendo per un momento da parte la condizione del salariato, un’ampia rosa di contesti professionali richiedono l’attivazione della Partita Iva, con ciò che ne consegue a paragone delle garanzie intrinseche alla busta paga. Il Fisco però ha cercato di compensare questa conversione con una serie di vantaggi. 

Partita Iva, quale somma viene restituita nel regime forfettario?

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Partita IVA (Foto Adobe)

Come è noto, l’introduzione del sistema forfettario ha portato molti vantaggi di natura fiscale ai giovani titolari. Rispetto al regime ordinario, il primo consente di beneficiare di una percentuale secca di tassatività. Si tratta di una percentuale che va dal 5 al 15 per cento, variabile per la tipologia di attività svolte, la quale subentra al posto degli scaglioni ordinari IRPEF.

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Il tetto di redditività annua per restante all’interno del regime forfettario è pari a 65 mila euro. Rispetto al regime ordinario, però, non si ha diritto ad alcuna detrazione., la cui mancanza è in qualche modo compensata dalla presenza della quota esentasse che solitamente equivale al 67 per cento. Rientrando nel cosiddetto regime dei minimi, su tale coefficiente si applica il versamento del 5 per cento in tasse (oltre ai contributi dovuti all’INPS o alla cassa professionale); altrimenti, alle tasse e ai contributi, si pagherà il 15 per cento.

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Tale ammortizzamento fa sì che si possano detrarre importi come le spese sanitarie (per sé o per la famiglia), gli interessi passivi del mutuo, e altri carichi relativi al nucleo. Soltanto i contributi obbligatori pagati sono unicamente detraibili. In realtà, dipende molto la condizione del lavoratore: trattandosi di un professionista, il reddito con ritenuta d’acconto è soggetto all’IRPEF, consentendo dunque la detrazione. Assoggettabili all’IRPEF sono dunque il lavoro temporaneo subordinato, la collaborazione con ritenuta d’acconto e anche la pensione di reversibilità; in questi casi è detraibile tutti i costi che non lo sono nel regime forfettario, ma nella collaterale presenza di un lavoro dipendente o assimilato non deve derivare un reddito annuo aggiuntivo oltre 30.000 euro.

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