Nuovo sciopero nazionale in Italia | Data e cosa si ferma

Sempre più probabile lo stop generale delle attività da parte di questi lavoratori a causa del conflitto con le politiche del governo. Cosa succederà

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Metallurgici (Foto Adobe – pensioniora.it)

La verità è che già dalla fine della emergenza sanitaria che per mesi ha imposto uno stop produttivo forzato per arginare i contatti sia nel popolo dei clienti che nella massa dei lavoratori, e perciò in tutte le variegate occasioni di contatto, la questione del lavoro, della ripresa non avrebbe riportato l’Italia nella stessa fotografia impressionata del pre Covid-19, sotto il piano economico.

Innanzitutto c’era una un tessuto sociale in più parti logoro, che andava fortemente riparato con robuste misure, in primis nei confronti dei lavoratori. In molti casi, la privazione improvvisa di un reddito ha causato danni irreparabili all’interno di molti contesti familiari. Molte aziende non ce l’hanno fatta; le saracinesche di non pochi esercenti non si sono più rialzate.

Nuovo sciopero nazionale in Italia, quale categoria potrebbe indire lo stop

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Industria metallurgica (Foto Adobe – pensioniora.it)

La presenza di incentivi e bonus economici, in diversi contesti, non hanno affatto costituito nemmeno la sufficienza verso realtà endemicamente povere e in difficoltà. L’istituzione del Reddito di Cittadinanza ha rappresentato la risposta a questa endemicità; ma, ad onor del vero, fra meno di un anno, quando il RdC verrà cancellato, tornerà ad aprirsi drammaticamente la domanda.

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Nonostante ciò, come si è visto, dopo la riapertura delle attività si è assistito ad un PIL che è schizzato come mai prima, tanto da produrre un fenomeno inflazionistico positivo, divenendo un’unità di misura della crescita nazionale. La crisi ucraina, sul fronte energetico ed economico globale ha rimescolato nuovamente le carte e vanificando gli sforzi di ripresa precedenti. Anche in caso, altre imprese, negozi e professionisti sono stati messi in ginocchio, complici i rincari delle bollette in primo luogo.

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Bisogna considerare un’ulteriore realtà. Ossia tutte quei contesti industriali dove sono in atto logoranti vertenze tra i lavoratori sul filo del licenziamento e le dirigenze con i loro piano di rinnovamento. Spesso, la causa non sta nella crisi del comparto, quanto negli obiettivi: delocalizzare la produzione in quelle aree dove la forza lavoro costa meno. Sono decine le vertenze aperte e sul tavolo del Governo. Il problema sta nel mandarle avanti, nel non arenarle o portarle su un binario morto. Il benché minimo di debolezza vuol dire dar corso alla chiusura degli stabilimenti e di riversare una fiumana di cassintegrati (costi sulle spalle dello Stato). Il contesto più in sofferenza è quello metallurgico e chimico, il quale proprio in questi giorno vuole dare un messaggio forte all’esecutivo. La Fiom-Cgil chiede che proseguano gli incontri per discutere i piani di transizione, le soluzioni programmatiche per dare continuità occupazionale, nonché la garanzia di ammortizzatori sociali durante la fase di scarico degli impianti. L’assenza di risposte potrebbe portare ad indire proprio uno sciopero nazionale entro la primavera.

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