Buoni fruttiferi Poste, cosa sta succedendo: occhio se ne hai

È il caso di controllare il portfolio di buoni fruttiferi, se la scadenza è vicina per qualcuno di essi, dal momento che riscuoterlo nasconde una sorpresa

Buoni fruttiferi (Foto Adobe – pensioniora.it)

È nei momenti in cui si manifestano le crisi economiche più articolate, che avvengono fenomeni per i quali i limiti di positivo e negativo si confondono; ma soprattutto, per scendere sul concreto, che ci si vede costretti ad attingere alle riserve economiche personali. Indubbiamente, il discorso verte sui risparmi, i quali il loro attuale ruolo nella risoluzione delle crisi familiari è pienamente riconosciuto.

A maggior ragione che si stia vivendo in un contesto di palese riduzione della capacità di risparmio, la preoccupazione di molti genitori non è declinata soltanto al presente, ma anche alle potenzialità che la diminuzione o la progressiva perdita di un tesoretto può potenzialmente incidere in negativo sui figli. Di fatto, però, avvengono alcuni barlumi positivi sulle medesime variabili che regolano i tassi di una crisi.

Buoni fruttiferi Poste, attenzione a questi sviluppi

Buoni fruttiferi (Foto Adobe – pensioniora.it)

In effetti, ogni elemento variabile od ogni dinamica di una curva discendente, risulta come una medaglia con le sue due facce. Basta osservare ciò che la crisi economica ha prodotto dallo scorso autunno. Sarebbe meglio dire la vera causa: l’inflazione. Essa ha provocato il rialzo dei tassi di interesse sul costo del denaro e dello scambio di servizi; ciò ha rappresentato la dolorosa “cura” della Banca Centrale Europa, in particolare sui mutui.

È noto pure che gli stessi tassi si applicano sulle rendite dei risparmi, appunto. In tal senso, sono altamente rappresentativi i buoni fruttiferi di Poste Italiane. L’investimento a lungo termine per eccellenza, garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti, e caratterizzato dalla soddisfacente tassazione agevolata al 12,50%, sta registrando la medesima crescita nei rendimenti a scadenza.

L’ordinario buono ventennale ha toccato punte al 2,5%, incluso negli interessi riconosciuti dopo soltanto un anno dalla sottoscrizione, oltre che per i successivi bimestri. La medesima percentuale si registra nel buono 3×4, della durata di 12 anni e con interessi fissi crescenti ogni 3 anni. L’innalzamento – come accennato – è legato al picco inflazionistico dell’11,8%, dunque il lavoro della BCE è stato quello di portare i tassi di rifinanziamento principale al 3,75%, e sui depositi al 3,25%.

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