Pochi contributi: esiste il rischio di non andare in pensione?

Avere pochi contributi versati presso l’Inps può rappresentare un problema per molti cittadini, si rischia di restare senza pensione?

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Pensione (Foto Adobe – pensioniora.it)

Il sistema attuale prevede numerose vie attraverso le quali un lavoratore può raggiungere la pensione dalla pensione di vecchiaia alla cosiddetta Opzione donna, dal sistema di quota 103 alle pensioni anticipate per lavoratori precoci o per attività usuranti e gravose. Questi sono solo alcuni esempi, vi sono altre possibilità, ma tutte sono basate sul numero di anni contributivi presenti nelle casse dell’Istituto di previdenza sociale.

Una delle grandi preoccupazioni per molti lavoratori è di presentarsi all’appuntamento con la pensione con scarsi contributi e trovarsi nella situazione di non ricevere nemmeno uno straccio di previdenza. In effetti quello attuale è un sistema basato innanzi tutto sul montante contributivo, tutto quello che si è versato nel corso della propria vita lavorativa, ma non esclusivamente.

Pensione e pochi contributi che può succedere

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Pensione (Foto Adobe – pensioniora.it)

Oltre al montante contributivo, si deve tener conto del coefficiente di trasformazione legata all’età anagrafica cui si va in pensione, e di altri elementi come l’evoluzione del Prodotto interno lorlo (Pil) che determina il tasso di capitalizzazione e certamente il livello retributivo del lavoratore. Con il sistema contributivo puro (contributi versato solo a partire dal 1° gennaio 1996) solo chi ha dei livelli retributivi alti, carriere lavorative lunghe e continuative, un’età di uscita dal lavoro sufficientemente avanzata può avere una prestazione previdenziale elevata.

Generalmente i tassi di trasformazione (la percentuale tra ultimo stipendio prima del pensionamento e primo assegno pensionistico percepito) con il contributivo puro sono bassi e destinati a scendere ulteriormente nei prossimi anni, secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, con rapporti che vanno pericolosamente verso il 60 – 50 per cento, se non meno per i lavoratori autonomi. Questo significa assegni pensionistici vicini alla metà di quanto percepito con l’ultimo stipendio.

Fin qui abbiamo parlato comunque di lavoratori con stipendi fissi, redditi consistenti e carriere lavorative stabili. La situazione per il mondo del lavoro precario e sottopagato è a dir poco drammatica. Con le regole attuali andare in pensione con pochi anni di contributi e retribuzioni basse significa lavoro fino ad un’età avanzata e comunque con la possibilità molto concreta di assegni pensionistici da fame.

Trattamenti pensionistici con contribuzione ridotta

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Pensionato (Foto Adobe – pensioniora.it)

Per la pensione di vecchiaia con il contributivo puro occorrono oggi per andare in pensione 67 anni di età, 20 anni di contributi e un assegno pensionistico pari a una volta e mezzo dell’assegno sociale (che per il 2023 è pari a 503,27 euro). Altrimenti non avendo i requisiti contributivi o di reddito, occorre attendere i 71 anni di età. In quest’ultimo caso sono sufficienti 5 anni di contributi, a prescindere dall’importo dell’assegno. Altra possibilità di pensione con pochi contributi o senza è l’assegno sociale pari a 503,27 euro per 13 mensilità.

Il requisito economico per accedere è un reddito massimo di 6.542,51 euro e 13.085,02 se il richiedente è coniugato, mentre quello anagrafico è di 67 anni. Con almeno 5 anni di contributi (di almeno 3 nei 5 anni precedenti la domanda) e nel caso di invalidità si possono ottenere la pensione di inabilità previdenziale (invalidità 100 per cento) o l’assegno ordinario di invalidità (riduzione almeno dei 2/3 della capacità lavorativa) con importo calcolato in base ai contributi versati.

Le persone iscritte al Fondo casalinghe, con alameno 5 anni di contributi, possono accedere alla pensione di vecchiaia a 57 anni, ma l’importo dell’assegno previdenziale deve essere pari all’importo di quello sociale maggiorato del 20 per cento, altrimenti la pensione è erogata a 65 anni di età.

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