Eredità, il figlio più povero ha diritto a una quota maggiore?

Ecco quali possibilità sussistono nell’ordinamento per permettere all’erede diretto con meno risorse di acquisire la fetta maggiore dei beni. I dettagli

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Eredità (Foto Adobe – pensioniora.it)

Il progetto di formare una famiglia, con figli annessi, include da un punto di vista della neo coppia o dei giovani genitori, niente affatto un orizzonte fine a se stesso, ma si protrae per decenni, lungo il corso della vita dei coniugi e per una lunga parentesi di educazione e di maturazione appartenente alla successiva generazione. In un certo qual modo, crescere dei figli, mantenere in tutte le sue necessità il nucleo, alla lunga, si dimostra più difficile che formarlo.

Non vivendo a compartimenti stagni sul mondo, anche il nucleo familiare condivide con l’esterno le burrasche economiche importate dalle crisi globali; alla evidenza dei fatti basta portare come esempio l’ultima escalation di natura energetica che in breve tempo si è trasformato nell’ennesimo tracollo finanziario prodotto da un sistema capitalistico occidentale sempre più debilitato, infiacchito e dalla saluta estremamente precaria.

Eredità, spetta una quota maggiore dimostrando un reddito più basso degli altri?

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Eredità (Foto Adobe – pensioniora.it)

I riflessi interni alle mura domestiche sono palesi e colpiscono le necessità elementari dettate dalla presenza di figli, con tutti i relativi bisogni e spese legate alla loro crescita, educazione e maturazione, senza privarsi dell’indispensabile per supportare le prime. Si tratta di costruire e mantenere un equilibrio da parte di più o meno giovani lavoratori inseriti in contesti professionali talvolta senza le opportune sicurezze di solidità professionali.

Talvolta, simili stati di precarietà si adattano al costume dei genitori pensionati, con i figli ancora in casa, a loro carico, causa l’insufficiente o mancante reddito autonomo di quest’ultimo, il quale deve tardare all’inverosimile i suoi desideri di autonomia. Una condizione, questa, che finisce per sfiorare il paradosso, quando un lutto in famiglia colpisce proprio il titolare del reddito su cui contavano i superstiti economicamente non autosufficiente.

L’oggettiva voragine economica viene colmata dall’INPS, nel momento si interrompe (con il decesso) l’erogazione di un trattamento pensionistico; una quota di quest’ultimo viene trasmessa ai membri in linea diretta con il de cuius, coniuge e figli in primis, chiamata pensione di invalidità. Nella trasmissione dei beni, con o senza testamento, avviene un procedimento simile, dato che la priorità ricade sulla vedova e la prole – ancora una volta – o, in loro assenza, a fratelli, sorelle, eventuali genitori ancora in vita (a carico). Attenzione, l’ordinamento previdenziale non fa cenno alla situazione reddituale di ciascun individuo, per la successione dei beni, ossia il componente più povero (un figlio, ad esempio) non riceverà più di quanto possa spettare ad eventuali sorelle o fratelli, oppure ad altri parenti. Ciò che conta è il numero dei superstiti legittimati a ricevere l’eredità, che per assenze e presenze, la legge è in grado di proiettarne la gestione fino al sesto grado di parentela.

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