Divorzio, occhio al conto cointestato: non va come sembra

Ecco quali problematiche possono emergere nella fruizione del conto quando cessano gli effetti legali del matrimonio. Cosa può accadere

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Conto corrente (Foto Adobe)

Il possesso di un conto corrente è una realtà assodata nella vita di ciascuno. Poche sono le alternative davvero concrete per riflettere su forme alternative di deposito presso gli istituti di credito che non siano quelle di conservare il denaro personale in casa (inconciliabile con la quotidianità). Diversamente, si può ragionare sulle alternative di deposito, rispetto a più vantaggiose forme di rendita e spese di gestione. Ma dalla banca o dall’ufficio postale occorre passare.

In effetti, la stessa apertura di un conto costituisce uno dei primi atti per suggellare importanti fatti della propria vita, che spesso si incontrano con la decisione di cambiare la tenuta dei risparmi di una vita, finendoli per condividerli. Ad esempio, non è raro aprire un deposito nell’occasione della nascita di un figlio, provvedendo subito a cointestarlo al fine di dare legittima appartenenza alla divisione delle somme che sin dall’infanzia vengono messe da parte.

Divorzio, occhio al conto cointestato: cosa può decidere la Cassazione 

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Bancomat (Foto Adobe)

Ancor prima della succitata circostanza, un’altra condizione di “doppia titolarità” si presenta nella comune casistica fra due coniugi. Per una coppia rappresenta sicuramente un gran risparmio quello di depositare gli stipendi o i risparmi su un unico conto. In questo modo, si evita la spesa doppia ricavata dalla tenuta di due conti corrente separati. Al contempo, non viene meno l’autonomia del singolo titolare, in quanto, sebbene il conto risulti cointestato, vi è la facoltà di richiedere l’operatività con firma disgiunta. 

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Quest’ultima peculiarità è estremamente comoda per movimentare il proprio (e l’altrui) conto corrente con rapidità, ottimizzando la pianificazione familiare dei risparmi. Una flessibilità che si riduce considerevolmente con l’opzione (possibilissima) della firma congiunta, per la quale le operazioni finiscono per richiedere la partecipazione, nello stesso momento, di entrambi i titolari.

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Ad ogni modo, il passaggio dalla firma congiunta alla firma disgiunta (e viceversa) è possibile in qualsiasi momento. Se subentra il divorzio, la prassi vuole, di consueto, che il deposito venga diviso nella misura del 50 per cento; la Corte di Cassazione può decidere però diversamente se accertasse che le entrate siano di provenienza soltanto di un coniuge e non di entrambi. A tali condizioni, la cointestazione permette all’altro coniuge soltanto di gestire le spese familiari. Analogamente alle entrate, il provvedimento può applicarsi nella provenienza di un’eredità.

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